Oggi si sente spesso parlare di inbound marketing, ma pochi sanno di cosa si tratti esattamente. Il termine è stato coniato nel 2009 da Brian Halligan, co-fondatore e CEO di Hubspot, piattaforma software che anche noi utilizziamo, e che integra un’ampia serie di funzionalità, dal web marketing alla gestione di contatti (CRM).
Con questa espressione, si intende un approccio che ribalta la prospettiva del marketing tradizionale (“outbound”), basato su tecniche “push”: qui, anziché trovare i contatti di interesse con messaggi direzionati unicamente verso di loro, si punta sull’essere trovati (“pull”) da potenziali clienti offrendo loro contenuti di valore ed esperienze “su misura”, rispetto ai loro bisogni ed interessi.

Il modello di inbound marketing mette infatti al centro le necessità dell’utente, sulle quali andare a costruire l’offerta di messaggi, prodotti e servizi; cambia in questo senso anche il concetto stesso di cliente, che passa da un generico “target” che mette insieme più soggetti accomunati da determinate caratteristiche (demografiche, socioeconomiche, ecc.) alla cosiddetta “buyer persona”, ovvero
“a semi-fictional representation of your ideal customer based on market research and real data about your existing customers”
(tradotto, “una rappresentazione del cliente ideale basata su elementi reali, dati sui clienti esistenti e ricerche di mercato”).
Per ottenere buoni risultati da una campagna di inbound marketing, la corretta definizione della propria buyer persona è ovviamente fondamentale, e spesso vede coinvolti fianco a fianco reparto marketing e sales, a condividere informazioni e conoscenza diretta dei clienti, attuali e potenziali. Sulla base dei bisogni individuati della buyer persona, si andrà a costruire una strategia che le offra contenuti di interesse, che la aiutino in ogni differente step del buyer’s journey, ovvero di quel processo che caratterizza l'interazione tra consumatore e azienda: un "viaggio" che parte dal bisogno di un prodotto/servizio e che termina con l'acquisto, passando attraverso varie tappe:
- awareness (consapevolezza del problema, o di un’opportunità)
- consideration (valutazione delle possibili soluzioni)
- decision (scelta della migliore soluzione).
In questo modo, si potrà catturare l’attenzione del potenziale cliente, con informazioni utili per risolvere il suo problema e che lo portino a valutare il prodotto / servizio proposto come la migliore soluzione possibile. Inoltre, una volta effettuato l’acquisto, gli consentiranno di continuare a restare fidelizzato al brand, diventandone un vero e proprio sostenitore (ad esempio, attraverso recensioni online, ecc.).
Curioso? Guarda come abbiamo sviluppato un progetto di inbound marketing per la promozione di servizi di vendita online per le aziende del food, oppure come abbiamo aiutato una realtà leader in Italia nella distribuzione di forniture per studi dentistici e odontoiatrici a promuovere il proprio software per dentisti partendo dai loro “pain points”.
L’insieme delle azioni che mirano alla generazione e all’acquisizione di contatti si definisce lead generation: un processo che oggi gli strumenti del digital marketing hanno modificato profondamente, grazie anche a illimitate possibilità di definizione e segmentazione dei pubblici.
La lead generation, infatti, oggi influenza tutti gli aspetti della presenza online di un’azienda e tutti i canali digitali su cui questa si articola. Lo stesso sito web può diventare un formidabile strumento di generazione contatti, se ben progettato: entra qui in gioco la user experience design, che da area di competenza esclusiva di grafici e designer, ora è vista come un insieme di tecniche per favorire la lead generation. Oggi infatti è l’obiettivo di conversione a dover guidare le scelte che vengono fatte quando si concepiscono tutte le pagine di un sito, prevedendo in questo senso un’integrazione tra le competenze dei web designer, dei programmatori e del marketing.
I social media, dal canto loro, non si sono fatti trovare impreparati, fornendo a utenti e aziende formidabili strumenti al servizio della lead generation: da Facebook a LinkedIn, le possibilità sono tante. Nella nostra esperienza, LinkedIn in particolare si è rivelato estremamente utile grazie all’introduzione dei suoi Lead Gen Form, che permettono di condividere le proprie informazioni di contatto in maniera veloce, semplice ed immediata, a fronte del download di un contenuto o di una registrazione ad un evento, ecc.
È d’altra parte questa la filosofia dell’inbound marketing, secondo cui i contenuti utili per l’utente possono diventare al tempo stesso strumenti per raccogliere i suoi preziosi dati: si parla in questo caso di lead magnet, ovvero in grado di attrarre nuovi contatti (lead) potenzialmente interessati ai prodotti o ai servizi offerti dall’azienda.
Come? Ad esempio, rendendo disponibili questi contenuti (ad esempio un ebook, o un tutorial, anche video) previa compilazione di un form in cui gli utenti possano lasciare le informazioni di interesse.
Per ottenere questi risultati, occorre ovviamente, a monte, aver pianificato con attenzione una content strategy coerente e rispondente ai bisogni, agli obiettivi e alle sfide della buyer persona identificata. Sarà grazie a questa proposta di contenuti che il potenziale cliente ideale dovrà trovare risposta ai propri dubbi e soluzione ai propri problemi: in questo modo, riterrà chi ha prodotto quei contenuti un interlocutore competente e affidabile, e sarà più disposto a valutare e ad acquistare i suoi prodotti e servizi.
L’organizzazione dei contenuti è fondamentale in questo, così come la loro distribuzione sui differenti canali online aziendali: sito e blog sono praticamente imprescindibili, ma anche social media ed email marketing possono fornire un contributo importante.
I contenuti stessi, poi, vanno ovviamente pensati a loro volta in un’ottica di inbound marketing, seguendo alcuni passi fondamentali se si vogliono ottenere ottime performance in termini di lead generation.